Conoscete il mio amico Edward?
Edward Ripper.
Lasciate che vi parli di lui.
Edward (Edward per gli amici) è una persona indescrivibile.
Non nel senso di eccezionale o di stupefacente, termini che, per alcuni versi,
lo definirebbe perfettamente.
No, no. E’ proprio I-N-D-E-S-C-R-I-V-I-B-I-L-E. Non si può raccontare come è fatto. O meglio
lo si può fare, ma con la consapevolezza che comunque lo stai raccontando male.
Edward (Edward per gli amici) ognuno lo percepisce a modo
suo. Penso che sia una di quelle rare persone psicomorfiche, cioè quelle che,
pur restando sempre se stesse, cambiano aspetto in base al proprio umore.
E se c’è qualcuno che ha un umore cangiante…bè, quello è
Edward.
Ora non dico che un giorno è un nano e l’altro il gigante
di Twin Peaks, ma che…insomma, il giorno prima potreste aver diviso il pane
con lui e il giorno dopo potreste non riconoscerlo quando vi chiede da accendere.
La prima volta che l’incontrai…bè.
La prima volta, come la seconda, come la terza e come ogni
volta, fu….non so….strano.
Era autunno. Un autunno di quelli veri, di quelli per cui
hanno scelto la parola autunno. Quelli che c’è la pioggia e il vento.
Un amico comune, Valentino, mi aveva dato una busta, una di quelle cicciotte, per lui.
"Guarda Andrea", mi aveva detto "Guarda, io non lo posso incontrare. Non posso. Puoi dargli questo per
me? Dovrebbe avere anche lui qualcosa da darti per me. Ma tu non chiedergli niente.
Se te lo da bene, se no, mettigli in mano il romanzo e vai via."
Cazzo se era spaventato Valetino. Ma perché? Gli doveva dei
soldi? No. L’aveva offeso? Gli aveva rubato il contenuto di quella busta? No,
impossibile.
Valentino era una persona mite. Non era il tipo.
Quindi?
"Roba di donne."
Mi rispose quando chiesi. "Roba di donne. Gli ho rubato una donna. La donna dai capelli rossi la
chiamava lui. La mia donna donna dai capelli rossi, sarebbe stato il nome con
cui l’avrei chiamata io, ma solo dopo. Ma credimi, meno ne sai meglio è. Questo
romanzo è suo. Me l’aveva dato da tradurre. Mi disse che questa copia
manoscritta era l’unica che esisteva. Anche se è quello che è, se ha fatto
quello che ha fatto, è giusto che la riabbia indietro. Fammi questo favore e mi
saprò sdebitare."
Ora, io non sono proprio un cuore di leone e questo discorso
mi aveva messo un’ansia che nemmeno i musicisti del titanic all’ultima nota
avevano, ma quel “…mi saprò sdebitare” non era buttato lì a caso.
Valentino possedeva la cosa che desideravo più al mondo.
L’ultima cover originale di Jack Fog, disegnata da Michele Burlesque. L’ultima
che mi mancava per averle tutte e 78.
Avrei ucciso (metaforicamente) per quella copertina.
Figurati consegnare un pacco.
L’appuntamento era a Rimini, al lido Maristella. Quando
arrivai lì mi aspettavo che uscisse Panariello vestito da bagnino da un momento
all’altro. Invece niente.
Pioggia, fitta ma non grossa. Fastidiosa più che seccante,
ma sufficiente per inzupparmi.
C’erano mille tavolini, tutti apparecchiati con il tipico
portacenere di plastica bianca, mezza cicca buttata all’interno e con gli
ombrelloni chiusi che sembrano fari spenti, decisi a non urlare a nessuno la
loro posizione.
Al centro del lido, che sembrava al centro della spiaggia,
al centro di Rimini, d’Italia e del mondo, sotto l’unico ombrellone aperto
c’era un uomo sui cui cadevano gocce, come pioggia. Ma queste erano grosse.
L’ombrellone aperto faceva da collettore. Tante goccie,
tutte su quell’uomo. Tutte sul suo volto. Sembravano lacrime, il che faceva un
po’ paura dato che, quello che appariva come una via di mezzo tra un barbone e
l’Hagrid di Harry Potter rideva senza sorriso fin da che ero entrato nel suo
campo visivo.
Non saprei dirvi se mi apparve alto o basso. Era
seduto. E neanche vi potrei spiegare la
sua corporatura, perché indossa un trench di almeno tre misure più grande.
Le maniche erano così lunghe che gli coprivano le mani.
Altro non ricordo perché tutta la mia attenzione era per chi
mi guardava torvo, in piedi dietro le sue spalle….un donna. Una donna dai
capelli rossi.
"Cazzo. Qui la cosa si complica" pensai.
Lei non ve la descrivo.
Lei non ve la descrivo.
Ho promesso ad Edward (Edward per gli amici) e a lei che non
lo avrei fatto mai. Anche perché, se avete abitato su questo pianeta negli
ultimi 20 anni la conoscete di sicuro (è…famosa) e lei non vuole che si sappia
che è la donna di Edward Ripper.
Mentre il cacofonico rumore delle sue non risate copriva i
miei annacquati passi sui grandini di ingresso del lido lei si muove verso di
me e mi tende una mano.
"Lei, mio caro signore, ha qualcosa di mio. Me lo
dia. E se ne vada." disse il non giovane vecchio da dietro quella valchiria dai capelli di
lava.
Ecco, se c’è stato un momento nella mia vita in cui avrei
voluto girare i tacchi scappare, scappare,scappare, scappare fu quello.
Allungo mano, consegno la busta inumidita dalla pioggia,
faccio un semi giro su me stesso e mi
preparo a correre più veloce di Bipbip.
"Aspetti. Deve portare una cosa Valentino da parte
mia." mi disse alzandosi dalla sedia.
Poi, un macigno mi colpì. Ricordo perfettamente la
disposizione dei peli della mano e dei
molti anelli alle dita di Edward (Edward per gli amici) che viaggiano tipo
l’Enterprise a velocità curvatura verso di me. Ricordo di aver visto il mio
stesso naso comprimersi verso gli occhi. Poi, non ricordo altro.
Mi sono risvegliato sulla stessa sedia di
plastica su cui era seduto il pugile che mi aveva steso che era notte.
L’ombrellone era ancora aperto ed io ero zuppo come un
Bucaneve scaraventato nelle mammelle di un mucca, anche se qualcuno mi aveva
coperto con un impermeabile tre volte la mia misura.
Il naso era in poltiglia e il mio secondo pensiero era
trovare un ospedale, appena la testa avesse finito di girarmi.
Il mio primo pensiero invece era incontrarmi appena
possibile con il buon, caro e mite Valentino.
Non volevo che il tempo affievolisse il ricordo del messaggio di Edward (Edward per gli amici)
per lui…
Fu solo all’ospedale che mi trovai nell’impermeabile quella busta con il mio nome sopra .
Spero che il naso ti
faccia male almeno quanto spero che il messaggio per il tuo amico sia chiaro.
Non ti voglio mai più
incrociare sul mio cammino, ma se hai qualcosa da dirmi ho un’altra mano da
presentarti.
Vediamoci tra un anno
al Foggy Dew di Dublino.
Edward
Un anno e una scazzotata dopo io ed Edward (Edward per
gli amici) abbiamo brindato a quella che sarebbe diventata un gran bella
amicizia.
Potrei raccontarvi di quella volta che ci imbarcammo su una
bagnarola rattoppata a preghiere dalla Scozia direzione faro abbandonato di
Fower perché Edward (Edward per gli amici) voleva scoprire cosa si prova a
pisciare da un faro mentre ti proietta addosso la sua luce.
O di quella volta che era convinto di aver trovato la tomba
di Dante nel seminterrato di un bar di Firenze, dove entrammo con picconi e
martelli in spalle.
Oppure, quando per una intera notte a Parigi, seduti ai
piedi della torre Eiffel , cercò di convincermi di come l’Odissea (l’Odissea Nera
la chiamava lui) fosse l’opera più pornografica di tutti i tempi.
Magari qualche volta ve ne parlo. Magari anche presto.
No, voglio raccontarvi di quella volta che, a S.Maria di Leuca,
al termine di una nottata pazzesca in cui persi tutto e tutto ritrovai per tre
volte, mentre contemplavamo il fondo di un dirupo che dava sul mare e
calpestavamo un cartello dei primi del novecento che recitava “Qui finisce l’Italia”
gli chiesi:
-
E ora
Edward?
-
- E ora è
tempo che tu mi chiami ED.
-
Ma tutti i
tuoi amici ti chiamano Edward.
-
- Appunto…
E, come se fosse un film, buttato l’ultimo
mozzicone di sigaretta nel dirupo, si incamminò verso la sua Alfa Romeo Duetto Spider. Rossa, naturalmente.
- "Amico"….Ma
pensa tu che devo sentire.
Calabrese
(era il mio sopranome), devi smettere di sottovalutarti così…
Ora
muoviti. C’è una tipografia a Roma che ci aspetta. Quello stronzo di Valentino
ci ha messo un anno a riprendersi dalle botte che gli hai dato, ma alla fine ce
l’ha fatta a far uscire questa benedetta versione italiana del mio libro.
Voglio ritirare le prime copie fresche di inchiostro.
Muovi
il culo. Ci aspetta un bel viaggio.
Non so se quello che vi ho raccontato può
bastarvi o meno per capire Edward (Ed, per chi è qualcosa più di un amico). Se
vi basta, leggete questo suo volume, che a me è costato un cazzotto e una scazzottata.
Se non vi basta, bè, leggete il volume e lo capirete meglio. Ne vale la pena. Ma attenzione. Non è per educande deboli di cuore.
Se poi non vi piace, potete sempre prendere
a cazzotti Valentino Sergi, il suo curatore.
Vi assicuro che da un certo gusto.
Il Glifo Ripper
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