sabato, aprile 16, 2011

PREMI, PREMIAZIONI E POLEMICHE ovvero ESSERE CYRANO FINO IN FONDO

Sempre in base al concetto di Serendipity (toccherà farci un fumetto prima o poi) proprio mentre in questi giorni riflettevo sul valore dei premi fumettistici scoppia una polemica.
Andrea G. Ciccarelli editore e direttore editoriale della SaldaPress interviene sul blog di Michele Ginevra segnalando che The Walking Dead (pubblicato appunto da SaldaPress) non ha ricevuto nomination né al Gran Premio Fullcomics né al premio Micheluzzi del Comicon (differentemente dai due anni precedenti in cui era stato nominato) e aggiungendo anche:

"Quello che segnalo io è una situazione che dura più o meno da quando esiste saldaPress (10 anni). Su quella andrebbe fatto una riflessione ovvero che, aldilà delle pacche sulle spalle, se a chi parla/segnala/commenta/candida/premia tu come persona stai sulle balle, la qualità di quello che pubblichi non conta una beneamata cippa.
Ed è questo che su TWD diventa evidentissimo"

Mi sembra un'osservazione molto seria ed io questa riflessione che andrebbe fatta la voglio proprio fare.
Prima di tutto segnalo che se ne è discusso anche sul sempre interessante blog di Michele Petrucci QUIQUI
e sul blog di Matteo Stefanelli

Le domande da porsi, alle quali vorrei dare le MIE personali risposte (e non una risposta definitiva in senso assoluto perchè non ne sono assolutamente in grado) sono le seguenti:

1) Servono i premi al fumetto? A cosa? E a chi?
2) E' giusto lamentarsi se ci si ritiene esclusi o trascurati dalla stampa o da qualche operatore del settore?
3) Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?

Dato che non posso dare delle risposte in assoluto, ma esprimere semplicemente il mio parere personale voglio prendere la mia esperienza e la segnalazione di Andrea G. Ciccarelli (d'ora in poi indicato come Cicca) ad esempio.

Ricordatevi che questa analisi non vuole essere oggettiva! E' sola la mia esperienza e il pensiero. Non voglio insegnare niente a nessuno, anche perchè non ne ho gli strumenti. Voglio solo esprimere il mio punto di vista.
Eviterò di qui in poi di usare l'espressioni  "Per me", "Secondo me" e affini. Datele per scontate fino alla fine del ragionamento.
L'ho ripetuto tre volte perchè vorrei che fosse chiaro. 

1) Servono i premi al fumetto? A cosa? E a chi?
L'anno scorso la NPE, di cui sono indegno D.E. ha vinto il premio Micheluzzi per la migliore ristampa con il Don Chisciotte di Landolfi.
Il Don Chisciotte di Landolfi, tranne pochissime copie, è andato nei nostri magazzini esaurito, nonostante ne avessimo fatto una tiratura in linea con quelle del mercato (che di solito generano magazzini traboccanti di copie invendute).
Le cose sono collegate? Non credo.
Credo però che il momento in cui dal palco all'interno del Castel Sant'elmo fu chiamato il mio nome per ritirare il premio,
non me lo dimenticherò mai.
E qui vi do la prima delle risposte.
I premi servono alle case editrici e a chi ci lavora dentro.
Noi (e mi riferisco a tutta la redazione e la struttura) arrivammo al Comicon del 2010 distrutti. Sostanzialmente avevamo appena finito di lavorare a cinque albi contemporaneamente e ce n'erano in cantiere altri dieci.
La ristrutturazione della casa editrice era in corso e il lavoro infinito.
La fatica sulle spalle pesava più di un macigno.
Quel premio ebbe la forza di un tonico, soprattutto per  me.
Sarà che io sono caratterialmente molto incline alla competizione, sarà che mi piace che il lavoro venga riconosciuto, sarà che mi piace vincere e non ho l'ipocrisia di negarlo, sarà quel che sarà ma quel premio ha dato a me e alla casa editrice tutta un'emozione.
E l'emozioni sono la benzina che permette di fare meglio o con più grinta il proprio lavoro.
Poi, magari,se un premio lo vince la Panini o la Planeta o la Rizzoli avrà sicuramente un impatto molto minore su di loro, date le loro dimensioni.
O forse, se lo vince la Coniglio Editore, che ne ha vinti tanti (mai a sufficienza per me) non gli fa né caldo né freddo.
Ma per una piccola/media casa editrice, che vuole crescere, un riconoscimento ha importanza.
Sinceramente, dato che questo post vuole essere il meno ipocrita possibile, sono assolutamente convito che un premio dovrebbe essere una cosa importante anche per la Mondadori (riferendomi alle dimensioni della casa editrice) soprattutto in riferimento a chi il premio lo attribuisce.
Io conosco personalmente molto dei selezionatori e dei giurati e quelli che non conosco personalmente sono comunque persone che stimo per il loro lavoro.
Per me, la loro opinione, il loro giudizio, che lo condivida o meno, è importante.
Perchè, se positivo è un riconoscimento del mio lavoro.
Se negativo è uno stimolo a fare meglio.
Ingenuo? Probabilmente.
Magari tra 10 anni la penserò diversamente. Può essere. Ma per ora la mia posizione è questa.
Chiariamoci....non è che se la NPE viene esclusa da qualche premio o da qualche nomination io la prenda proprio bene....mi incazzo come la bestia...come sono incazzato in questo momento con l'organizzazione di un certo premio...ma su questo torno tra qualche riga perchè voglio fare un discorso più completo.
Prima di passare alla seconda domanda un paio di  precisazioni.

-I premi possono servire anche ad altro, oltre che a gratificare una casa editrice.
Potrebbero servire ad incrementare le vendite, a premiare (anche economicamente) alcuni autori o dare una visibilità maggiore al volume, fuori dall'ambiente strettamente fumettistico.
In questo senso si è mosso il Napoli Comicon, come potete leggere QUI

-Naturalmente questo discorso vale per i premi relativi ai volumi e non agli autori.
Certo, se magari si tratta di esordienti, la casa editrice può essere gratificata dall'aver individuato un autore prima di un'altra o aver offerto un progetto più interessante.
Ma questo è un altro discorso.


2) E' giusto lamentarsi se ci si ritiene esclusi o trascurati dalla stampa o da alcuni operatori del settore?
Si è giusto. Anzi, di più. E' sacrosanto.
Come sempre però, torniamo ai modi e ai contesti.
Faccio un esempio. Un volume edito da NPE non è stato candidato ad un certo premio.
La cosa mi ha fatto incazzare?
Si, tantissimo. Di più. Sono nero.
Non capisco il perchè dell'esclusione, vedendo gli altri candidati, avendo letto quei volumi e conoscendo la linea che viene attribuita al premio.
Mi lamenterò? Si, lo farò.
Andrò dall'organizzazione e chiederò il perchè e il percome.
Cercherò di capire se si tratta di un problema personale con la casa editrice, se si è trattato di una nostra mancanza e se, semplicemente, il volume che io reputavo valido alla candidatura è stato preso in considerazione ma scartato.
Perchè il punto è proprio questo.
Se il volume è stato preso in considerazione o meno.
Cioè, se mi si dice "Guarda, non ci è piaciuto. L'abbiamo valutato e abbiamo considerato che gli altri candidati fossero qualitativamente migliori e l'abbiamo scartato" allora c'è stato un giudizio, CON IL QUALE IO POSSO O NON POSSO ESSERE D'ACCORDO, ma devo rispettare.

Perchè essendo io il curatore di quel volume il mio giudizio non potrà mai essere obiettivo e anche se lo fosse, non posso garantire verso terzi la mia obiettività nel giudizio e ogni discussione viene falsata, perchè tutti, in un qualunque momento potranno dirmi "Ma chi se tu per giudicare PUBBLICAMENTE un tuo prodotto migliore di quello di un tuo concorrente?"
Sarebbe come se la Barilla iniziasse a dire in televisione che la sua pasta è meglio della Buitoni.
Non la più buona di tutti. Proprio meglio di quella o di quell'altra.
Ma vi sembra possibile?
Allora giudichiamoci da soli e attribuiamoci da soli i premi a questo punto!
Vabbè, andiamo oltre.
Ci sono altre due ipotesi, cioè che la giura possa avere un problema personale con una casa editrice (ma di questo parliamo al punto successivo) o che ci sia stata una mancanza da parte della casa editrice.
Mi piacerebbe un attimo che riflettessimo insieme su un punto.

Cosa premia un premio?

Nel caso degli autori è semplice.
Migliore disegnatore o migliore sceneggiatore premia l'arte pura. I migliori disegni e la migliore sceneggiatura.
Ma la nomination "Migliore Serie" o "Miglior Volume" o "Migliore Ristampa" cosa premia esattamente?
Solo il contenuto dell'albo? O anche la sua edizione? O anche il lavoro della casa editrice dietro il volume?
Cioè la serie più bella del mondo può essere premiata se ha il lettering tutto sbagliato, se la carta su cui viene stampata è pessima, se magari viene lasciata interrotta  metà, se le traduzioni sono sbagliate, se è piena di refusi? Cioè se il lavoro della casa editrice non è fatto bene?
(E, nel caso sorgano dei dubbi, vorrei chiarire che l'edizione italiana di The Walking Dead è perfetta!)
Ed il lavoro della casa editrice, consiste solo in quanto sopra elencato?
O c'è qualcosa di più?
C'è forse anche un attività diretta a promuovere gli albi, con la presenza in fiera, per esempio? (a questo proposito vorrei citare Emanuele Di Giorgi della Tunuè che disse qualche tempo fa in un incontro a Milano che gli stand della casa editrice alle fiere sono come una sorta di ambasciata della casa editrice a cui i lettori (e non solo, aggiungo io) si possono rivolgere e che quindi, indipendentemente dai guadagni di una manifestazione è importante esserci.)
Distinguendolo dalla PR vere e proprie, di cui parlerò dopo, mi chiedo: c'è anche un discorso relativo al lavoro dell'ufficio stampa, che spesso nelle case editrici  manca proprio?
La circolazione di copie omaggio per la stampa, i rapporti con i giornalisti, gli incontri, gli eventi, le presentazioni e quanto detto sopra  hanno o non hanno un peso sulla visibilità di un volume e quindi sulla sua candidatura?
Gli addetti ai lavori che premiano sono tenuti a conoscere tutto? Sempre?
Quanti addetti ai lavori possono dire di aver letto non dico tutto, ma la metà delle cose uscite l'anno scorso?
E un quarto di quello che uscito?
E un decimo?
Non so.
E perchè un mio volume dovrebbe avere più visibilità di quello di un'altro a parità di assenza nella promozione?
Insomma, quanto io produco un albo, una serie, vengo giudicato SOLO sul valore dell'albo proposto o ANCHE su COME lo propongo? Su come lo veicolo rispetto ai lettori e agli addetti ai lavori?
Su tutto ciò che ci sta dietro?
E' questo vale solo per le vendite o anche per le varie NOMINATION e RECENSIONI?
Ma, tornando all'incazzatura di cui sopra,  dato che, per quanto riguarda la NPE, io so che c'è un ufficio stampa molto competente che lavora sodo, che c'è una filosofia alla base della casa editrice diretta a tenere ottimi rapporti con tutti gli operatori del settore, quanto mi andrò a lamentare (privatamente e non pubblicamente per le ragioni esposte sopra) sono forte del fatto che la casa editrice ha lavorato al meglio per promuovere l'albo. A tutti i livelli.
Ma se questa attività io non l'ho svolta (e parlo solo per me e non per gli altri di cui naturalmente non posso valutare il lavoro) allora...bè...per quanto io possa considerare il mio prodotto superiore agli altri e meritevole di essere recensito/candidato/premiato posso stare certo che ce ne saranno almeno altri dieci che la pensano come me. Ma che in più hanno trasmesso il loro pensiero, cioè di aver realizzato un ottimo prodotto, a chi di dovere.
Cioè, fare e non sapere che si fa, è come non fare. Ed il merito, spesso, bisogna andare a cercarselo.
E' giusto? No. E' così? Si.

3) Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?
La PR sono un discorso leggermente diverso dall'ufficio stampa e dalla promozione.
Precisamente ci dobbiamo chiedere:
"Io, che lavoro in un ecosistema editoriale producendo qualcosa HO IL DIRITTO E LA LIBERTA' DI ESSERE ANTIPATICO E DI LITIGARMI CON GLI ADDETTI AI LAVORI (O CON I LETTORI)?
HO, per tornare al discorso del Cicca, IL DIRITTO E LA LIBERTA' DI STARE SULLE BALLE ALLE PERSONE?

Eh. Mica facile la risposta.
Andiamo sul filosofico.
E allora parte la citazione:

C.S. Lewis, che viene ricordato come autore de Le Cronache di Narnia, era uno dei grandi pensatori della sua epoca. Fortemente cattolico e altrettanto fortemente critico (con intelligenza) nei confronti della chiesa scrisse anche Le lettere di Berlicche ma soprattutto quel piccolo gioiello che è Diaro di un dolore.
Tutto ciò non centra niente, ma volevo da tempo parlare di questo autore.
Vabbè, in Diario di un dolore  Lewis esprime quella che per me è una grande verità, che riassunta suona più o meno così:
"La più grande forma di esercizio della propria libertà è la rinuncia ad essa".
Che detta così sembra una cacata col botto.
Ma rifletteteci un attimo.
Voi siete davvero padroni di qualcosa solo quando con quel qualcosa potete farci quello che volete.
Anche, se avete un perchè, rinunciarvi.
Tipo, se io sono padrone di un libro lo posso anche regalare. Se non lo sono non posso. 
Non è  libero, a mio avviso, chi dice tutto quello che gli passa per la testa o chi crede di poter dire o fare  tutto quello che vuole, quando vuole, come vuole senza tenere conto delle conseguenze.
Quella non è libertà. E' libertinaggio, inteso come invasione nella libertà altrui tramite l'esercizio non regolato della nostra libertà.
Non esistono verità assolute e perciò non ci sono scudi indistruttibili di verità infrangibili che giustificano ogni nostro fare e che ci permettono di comportarci come preferiamo.
Io sono sicuro che ognuno dei lettori di questo blog avrebbe almeno 10 persone che vorrebbe mandare a fare in culo o a cui sputare in faccia o a cui muovere milioni di critiche e appunti.
Perchè non lo fa?
Perchè non è libero di farlo?
Certo che lo è. Chi può impedirglielo?
Solo se stesso. E perchè dovremmo impedire a noi stessi di accusare di scarsa competenza quel giornalista che non ha scritto un pezzo o quel giurato che non ci ha selezionato?
Perchè dovremmo rinunciare a questa libertà?
Il perchè si chiama "Convivenza" ed è  un sistema chiuso di interazione sociale.
In questo sistema chiuso convivono le varie sfere di libertà dei vari operatori di settore.
La nostra sfera di libertà finisce dove inizia quella altrui. Tra le libertà altrui c'è anche quella di sbagliare, di dimenticarsi di un nominarci ad un premio o di fare una recensione (quando questo è fatto in buona fede).
Nella nostra sfera di libertà c'è il diritto di incazzarci, di segnalarlo e di cercare di capire e porre rimedio.
Non c'è, nella nostra sfera di libertà, a mio avviso, la libertà di essere antipatici e di stare sulle palle alla gente.
Perchè il sistema di cui stiamo parlando è un sistema lavorativo.
Non è la vita di ogni giorni, dove se uno per la strada passa e ti sta sul cazzo lo puoi mandare a cacare (conseguenze escluse).
Qui stiamo parlando di lavoro. Ed essendo lavoro, tu nel sistema "Convivenza" ci deve stare, perchè un ambiente lavoro necessità dell'interazione con altre persone, che la possono pensare diversamente da te e con queste persone tu devi curare i rapporti.
E' perchè tu editore  devi farlo più dei giornalisti/selezionatori di premi?
Perchè TU produci prodotti. Non loro. Loro analizzino e producono riflessioni.
Sei TU che devi proporre i tuoi prodotti. Non loro. Loro a te non ti devono proporre proprio niente se non il rispetto che di base si deve ad un altro operatore del settore.
Quindi, tornando a Lewis, tu sei davvero libero SE prendi la tua libertà di dire quello che vuoi e la metti da parte, SCEGLI (e non sei costretto) di rinunciarci parzialmente in relazione alla tua funzione in un determinato ambiente, cioè il sistema di convivenza editoriale.
Quindi, in generale e senza voler insegnare niente a nessuno, se sei antipatico, sei stato sul cazzo a qualcuno o, peggio, a tutti, in un ambiente lavorativo allargato HAI UN PROBLEMA.
Se stai antipatico ad una persona magari il problema è di quella persona. SE STAI ANTIPATICO  A TUTTI IL PROBLEMA E' TUO.

Ora, di queste riflessioni, tu, ipotetico operatore del settore, puoi altamente fottertene.
Puoi sostenere benissimo queste tesi:

A) Io dico sempre ciò penso e non me ne frega delle conseguenze.
B) Io ho il diritto di stare sulle palle agli altri, perchè comunque dico la verità, che non è la mia verità ma la verità assoluta, perchè la dico io che sono libero.
C) Anche se io sono antipatico a tutti, se non faccio lavoro di ufficio stampa, se non mi relaziono con gli operatori del settore, i miei prodotti devono essere lo stesso notati perchè sono oggettivamente superiori.
D) Io sono libero, perchè dico quello che penso. E il mio essere libero giustifica tutto quello che dico.

Però se sostieni queste tesi e non te ne frega niente dei ragionamenti sopra fatti, non ti lamentare (e non mi rivolgo al Cicca nello specifico, sia chiaro, ma faccio un discorso assolutamente generale) se non  ti nominano o se  non vinci o se non ti fanno recensioni, perchè è solo colpa tua.
Ed è colpa tua perchè abbiamo tutti i nostri cazzi la mattina quando ci svegliano, le nostre ansie, le nostre preoccupazioni, il nostro lavoro da fare, le nostre paure. E ci manca anche quello che fa l'antipatico e sfoga il suo  brutto carattere sugli altri, a rendere la vita più difficile. 

Perchè, è vorrei che si avesse l'onestà intellettuale per dirlo tutti, siamo tutti esseri umani.
Tutti.
E tutti abbiamo antipatie e simpatie, che, per quanto ci possiamo sforzare di mettere da parte, influiscono, quotidianamente, sul nostro agire.
Certo, c'è la professionalità di cui tenere conto, ci sono gli strumenti critici e tanto altro, ma di base, prima di tutto, c'è che siamo esseri umani. Ognuno con i propri limiti.
Quindi, per rispondere alla domanda di cui prima,  Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?
la mia risposta è: Non solo serve. E' dovuta. E' propria di ogni settore lavorativo.

A tutti, a me per primo, piacerebbe essere Cyrano de Bergerac.
Ma Cyrano è un personaggio di fantasia, che, tra l'altro, è morto solo, povero e senza amore (o quasi).
Esserlo o meno è una scelta, delle cui conseguenze bisogna farsi carico.

E' bello e anche di ispirazione che ci siano persone che se ne fregano di tutto e di tutti e cerchino di andare avanti per la propria strada, in modo anticonvenzionale.
Ma queste persone però non devono tradire se stesse, comportandosi come noi poveri mortali che ci siamo piegati alle regole del vivere sociale, sia come forma di rispetto per la libertà altrui che evitiamo di limitare esercitando la nostra senza freni, sia come forma di scelta, finalizzata ad un percorso teso al progredire ed a imparare nell'ambito di una comunità, di un ecosistema.
Non devono e non possono lamentarsi delle conseguenze delle loro scelte.
Devono essere dei Cyrano fino alla fine, altrimenti non è valsa la pena esserlo solo in parte.

Concludo questo lunghissimo pezzo, che non leggerà nessuno fino in fondo, con questo video dedicato a Cyrano de Bergerac.
Può essere d'aiuto per capire il discorso di cui sopra e comunque Eugenio Allegri va sempre apprezzato.
Guardatelo tutto fino in fondo. Vi assicuro che merita. E sembra che parli del mondo del fumetto


....perchè tutti noi sogniamo un giorno di poter essere dei Cyrano.
Di poter dire: No, Grazie. No. Grazie. No.
Ma per farlo bisogna essere i più grandi. I più grandi spadaccini. I più grandi poeti.
Essere Cyrano è un'aspirazione. E' qualcosa che bisogna guadagnarsi.
Io so di non meritarmelo ancora.
Di non aver diritto di dire quel No e quel Grazie. Per ora
Ma so che la mattina, quando mi sveglio, è quello il mio obiettivo.
E' questo che pone la differenza tra essere Cyrano, volerlo essere, esserlo a metà e non esserlo.

Il Glifo De Bergerac

 

24 commenti:

michele petrucci ha detto...

Non sono d'accordissimo Andrea.
Se parliamo di promozione e ufficio stampa ok, è ovviamente importante farsi notare.
Se parliamo di simpatia, beh, va bene che siamo uomini ma un sistema che si basa su questo ( (o cmq da molto peso a questo) è un sistema che non funziona.
E dire che non sia giusto ma che cmq c'è poco fare è ammettere una sconfitta.

Nel mondo del fumetto (che è mooolto più limitato di quello di varia, per fare un paragone) tutti conoscono tutti e nel caso di TWD non si può dire che gli addetti ai lavori non conoscano la serie e il suo successo americano (di vendita e di critica) e italiano. I motivi della mancata candidatura, dice il Ciccarelli, devono essere altri.

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Mi fa riflettere il fatto che molti mi stanno segnalando che sono d'accordo solo in parte col post.

Poi Michele, mai detto che "c'è poco da fare".

Da fare ci sarebbe tantissimo, ma resta il problema se è giusto o meno non sforzarsi non di essere simpatici, ma di non essere antipatici. Poi, sia chiaro, a me Ciccarelli non hai fatto niente e con me è sempre stato di una gentilezza squisita.
E' lui che ha messo in mezzo il discorso simpatia/antipatia sostenendo di stare sulle balle a qualcuno.

Sul fatto che nel mondo del fumetto tutti conoscano tutti sono d'accordo.
Ma non credo che tutti leggano tutto.
E' questo il punto di base.
Anzi, se tu fai un inchiesta tra gli addetti ai lavori, ti segnaleranno che moltissimo di loro leggono poco o comunque meno del 15% delle uscite di ogni mese (parliamo solo di roba italiana o tradotta in italiano).

Scommettiamo? Tu quanti fumetti hai letto questo mese?

A me che TWD sia rimasto fuori dal radar delle letture non mi sorprende. Mi spiace, ma non mi sorprende.
Anche perchè è un serie e quindi la devi leggere dal numero uno (mica puoi partire dal sette tipo), però i primi numeri a volte sono state esauriti e non di facile reperibilità.

Questo complica il reperimento.
E la valutazione.

Aggiungo, l'organizzazione del comicon chiede di inviare copie dei volumi che si vorrebbero candidare ai selezionatori per valutazione.
Questo, è stato fatto?

Sarebbe interessante saperlo, perchè torniamo al discorso se il volume è stato preso in considerazione e scartato o non è stato preso in considerazione, che sono due discorsi diversi.

Giusto?
;)

MicGin ha detto...

caro andrea!
il tuo post è molto bello perché è sincero!
certo... ehm... è lunghetto... e quel fondo nero.. non aiuta...
forse sarebbe il caso di rilanciare con un altro post, visto anche gli interventi di micpetr (io sono micgin) e matteo stefanelli...
conosco il problema da entrambi i lati della barricata, sia come membro di giuria che come premiato.
quindi posso parlare da un lato di tutti gli scrupoli che mi faccio ogni volta che partecipo ad una giuria, ma anche ai sentimenti che provo quando so o spero o capita che un'iniziativa che ho curato finisce/finisca in una premiazione.
sembra che i premi non contino mai nulla, ma quando arrivano danno soddisfazione, e nonostante tutto una loro utilità ce l'hanno.
ma per capire bisogna distinguere. come scrivevo sia da me che da michele petrucci, ci sono tanti premi in Italia, e hanno obiettivi e significati diversi.
le "simpatie" possono contare, ma fino ad un certo punto. contano un po' di più le PR, ma fino ad un certo punto. conta soprattutto l'autorevolezza che una certa opera o un certo autore sanno conquistarsi. talvolta anche loro malgrado...

rispetto allo spunto iniziale, TWD e il rilievo di andrea ciccarelli, da parte mia posso dire che non solo non c'è antipatia, ma c'è una forte simpatia verso la persona e verso il lavoro della casa editrice.
per fullcomics parlo per me, naturalmente: la mia linea era di premiare una serie italiana e le mie proposte iniziali erano tutte riferite a serie italiane. quindi ho utilizzato un criterio, discutibile, ma pur sempre un criterio.
così come hanno seguito i propri criteri anche gli altri quattro giurati. Sintesi: le tre nomination e il premio attribuito alla fine a Valter Buio. Pur con i suoi difetti, questa serie è stata a nostro avviso la migliore serie italiana. Per me rappresenta un verdetto corretto e giusto, che consente anche di incoraggiare Alessandro Bilotta, lo staff degli autori e il suo editore.
poi ci sarebbero anche le altre sette categorie... e ci sarebbe ancora molto da dire!
per esempio su quanti fumetti leggono i giurati dei premi di fumetti...

saldaPress ha detto...

Comicon non ci ha mai chiesto di inviare copie per formulare le candidature. Le copie le chiede solo dopo, se un titolo è candidato, per farle avere alla giuria da leggere (e questo va sottolineato: Comicon ha una giuria che legge i libri candidati e che, come l'anno scorso, arriva a un pelo dallo scannarsi per stabilire il vincitore). Chi candida sa già chi candidare perché candida quello che nell'anno ha letto. Per due anni a Napoli TWD è stato candidato e non ha vinto. Quest'anno non si sarà ritenuto opportuno candidarlo per una terza volta. Ottimo tempismo, mi viene da dire (che poi nemmeno l'Eisner quest'anno ha candidato TWD ma... l'Eisner TWD se l'era già vinto l'anno scorso).

Per il resto del tuo discorso, Glifo: dieci anni di lavoro con una qualità altissima pongono saldaPress qualitativamente aldisopra di molte altre case editrici che, nell'ambito dai vari premi/mostre/segnalazioni, vanno per la maggiore. Con TWD, alla qualità si unisce la quantità, visto che stiamo parlando della serie in volume USA più venduta nel 2010 in Italia.

Gli esempi che dici tu ci possono stare tutti ma, visto che i nomi di chi si occupa delle candidature in questione si sanno, posso affermare con un certo grado di sicurezza che TWD lo conoscono. E pure bene. E quindi direi che si può escludere che il problema siano i tanti volumi della serie.

Però non mi stancherò di ribadire che ognuno sceglie quello che vuole e candida, premia e recensisce quello che preferisce basta che tutto questo si traduca in un percorso culturale. Su TWD il problema non è mio (che continuo a vendere TWD nonostante tutto ciò) ma di chi, ignorando la qualità di questa serie (qualità che tutto il mondo le riconosce) si pone fuori dal sistema informativo in cui vorrebbe essere (girala come vuoi, ma TWD è una serie migliore di Greystorm e, se conosci TWD e candidi Greystorm, il problema rimane tuo che ha l'ossessione di Bonelli e dell'edicola, non mio).

Non ho scritto quello che ho scritto per mendicare candidature, premi o segnalazioni (in special modo da parte di una rivista come Fumo di China che ha fatto da tempo il suo tempo e di cui mi ricordo ancora che recensì Liberty Meadows... recensendo il libro sbagliato e offendendosi perché glielo facevo notare). Non è proprio il mio stile. Il mio obiettivo, oltre a farmi nuovi amici ;-), è quello mettere in luce che questo sistema, se non è più in grado di riconoscere la qualità (meglio: se decide di non segnalarla al pubblico nel caso in cui chi quella qualità la esprime con il suo lavoro gli stia vagamente sul cazzo) allora è un sistema che ha perso la sua utilità.

Con i dovutissimi distinguo, Dave Sim è un personaggio insopportabile. Ma ve la immaginate la critica USA che decide di non parlare di Cerebus?

Tu, Glifo, fai benissimo a curare le tue PR e quelle del tuo editore con questo lunghissimo pezzo però se questo è il sistema, te lo lascio tutto.
Perché?
Perché il tuo ragionamento è giusto ma è calato in un ambito di piccolo potere gestito da piccola gente che stringe piccole mani.

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Ciao Andrea,
perdonami, ma non mi sembra proprio di curare le mie PR con questo post, che anzi mi espone a numerose critiche.
Mi andava di fare un discorso sincero e l'ho fatto.
Anche perchè io il discorso tuo l'ho capito fino ad un certo punto.

TWD è stato nominato per due anni e non ha vinto.
Il primo anno che non è stato nominato tu ti lamenti che non vieni nominato perchè stai antipatico a qualcuno.
Vuol dire che hai litigato nell'ultimo anno perchè per i due anni precedenti non era così.
Oppure ti lamenti perchè non hai vinto i due anni precedenti perchè sei stato antipatico a qualcuno?
Cioè, non perchè una giura ha preferito un prodotto diverso a TWD considerando più meritevole.
No. TWD ha perso perchè tu stai antipatico a qualcuno. All'ambiente.
A me sembra assurdo come ragionamento.
Magari sbaglio io.
Ma se qualcuno ha il cuore di spiegarmelo io lo ringrazio fin da ora.

Poi, il problema non è se questo è il sistema, il problema è cosa fai tu perchè non sia questo e se, volendo, saresti in grado di gestirlo (cosa che non dubito).

Chiarito questo punto un paio di precisazione sulla tua replica
(premettendo che non voglio entrare in polemica con te ma cercare di capire)

1) Tu forse non te ne accorgi, ma segnalando come dici che questo sistema non è più in grado di segnalare la qualità, automaticamente lo critichi. Se lo critichi, per il solo farlo, ci interagisci.
Le piccole mani di piccole persone sono quelle che tu indichi e facendolo lamenti una situazione che non ti sta bene.
Ma se sono tutte persone così piccole, che cosa te ne frega?
Va per la tua strada e non ti curar di loro.

Ma se invece decidi di giocare possiamo parlare di regole. Se non giochi, non puoi stare a bordo campo a gridare che così non va bene.
E giocare significa interagire con gli giocatori e, sinceramente, è un po' offensivo il modo in cui tu definisci le parti.

2) Dave Sim, per quanto insopportabile, è un personaggio che ha rivoluzionato il mondo del fumetto. Più volte. Se lo può anche permettere di essere insopportabile.

3) Ho verificato, perchè pensavo di essermelo sognato e ti confermo che Comicon invia una mail a febbraio nella quale chiede di segnalare le proprio opere ed eventualmente spedirle al gruppo di selezionatori sottolineando che questo non garantisce in alcun modo garanzia di essere nominato. Domani sento il Comicon e se mi autorizzano te la pubblico.
Se poi a te questa mail non arriva non so che dirti.
Non è che la mandano solo a me, sicuramente....

4) "stiamo parlando della serie in volume USA più venduta nel 2010 in Italia."
Se lo dici tu ti credo.

5) "Per il resto del tuo discorso, Glifo: dieci anni di lavoro con una qualità altissima pongono saldaPress qualitativamente aldisopra di molte altre case editrici che, nell'ambito dai vari premi/mostre/segnalazioni, vanno per la maggiore"

Prendo atto del tuo giudizio sulla saldaPress(che condivido anche, per carità).
Evidentemente le altre case editrici sanno comunicare meglio quello che fanno.
E' un colpa? E di chi?

Poi, la qualità premia, quindi tranquillo.
Lunga vita a SaldaPress.

Ps: ti segnalo che, il piccolo ambito è quello dove anche tu lavori (cioè quello dell'editoria che si occupa dei fumetti).
Le tue grandi mani ogni tanto usale per salutare, che non si offende nessuno. Io no di certo ;)

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Ciao MicGin,
non vorrei non essere stato chiaro.
Qui, non stiamo parlando dell'obbligo di essere simpatici, qui stiamo parlando dell'obbligo di non essere antipatici.
C'è differenza.
Io dico solo questo:
Se tu stai sulle balle a qualcuno (o pensi di starci) vuole dire che hai avuto un atteggiamento di un certo tipo. O che magari non hai gestito una situazione.
Se stai antipatico a tutti...ci sarà un perchè.
Ma tu, nel tuo ambiente di lavoro, te lo potresti permettere?
O pensate che quello che ho detto valga solo nel mondo del fumetto?

A me non sembra di dire nulla di assurdo.
Mica ho detto che uno non ha il diritto di incazzarsi (anzi ho detto il contrario).
Ribadisco che secondo me, uno, in un ambiente allargato di lavoro (come puoi essere un settore) dovrebbe evitare di essere antipatico o se sceglie di esserlo poi non lamentarsi (velatamente o meno, con un fine o meno come nel caso di Andrea che ha chiarito di volere sottolineare solo un disservizio del sistema) delle conseguenze del suo fare.

Anche dire che un ambiente è fatto di piccole persone. A me sembrano cose gravi che mi lasciano basito.
Mi sembra fortemente offensivo.

Poi, perdonami, ma te sembra verosimile che un volume non venga nominato o premiato perchè l'editore sta sulle palle a qualcuno? No, dai. Davvero, ti sembra plausibile?

Giuro, io in questo discorso non riesco a trovare il bandolo della matassa.

Ma davvero vi suona così assurdo che la società e l'ambiente lavorativo in generale sono posti in cui bisogna gestire il relazionarsi con gli altri operatori?

Oh, scusate per la rivelazione.
(parlo in generale e non con te Michele)

VAbbè.

PS: Michele, scusa....non per mettere altra benzina sul fuoco...ma che discorso è che tu avevi il TUO criterio?
Non dovrebbero essere condivisi i criteri di scelta e premiazione?
Altrimenti , se io penso di dover scegliere tra 10 serie e un altro giurato tra 100 (in cui sono comprese anche le 10 serie tue) mi sembra che i risultati si sfasino un po'....


....mah....mi sa che mi tocca prendere un caffè di meno e tornare ai post sulle recensioni cinematografiche...

Matteo Stefanelli ha detto...

Bella discussione. E non solo per la parte tua, Andrea (l'idea di convivenza ed ecosistema è insieme un bagno di realtà e una visione un po' riduttiva). Ma anche per le osservazioni di ciccarelli o Petrucci.
Incapacità mia, ma pare cosa da discutere con più calma che nei commenti a un post.
Ciao

michele petrucci ha detto...

Mi riferisco a questo passaggio che non condivido.

"Ma se questa attività io non l'ho svolta allora...bè...per quanto io possa considerare il mio prodotto superiore agli altri e meritevole di essere recensito/candidato/premiato posso stare certo che ce ne saranno almeno altri dieci che la pensano come me. Ma che in più hanno trasmesso il loro pensiero, cioè di aver realizzato un ottimo prodotto, a chi di dovere.
Cioè, fare e non sapere che si fa, è come non fare. Ed il merito, spesso, bisogna andare a cercarselo.
E' giusto? No. E' così? Si."

Se pensi che non sia giusto (e infatti non è giusto, una critica competente penso debba anche essere in gradi di cercare e poi proporre i titoli giusti) non devi rassegnarti ma puoi anche "combattere" contro uno stato delle cose che non approvi.

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Michele, perdonami, ma da dove traspare la mia rassegnazione?
Perchè non sussiste proprio.
Il discorso è diverso.

Si torna sempre al punto che una critica professionista in Italia non c'è e non è possibile che ci sia.
Cioè non ci sono persone PAGATE per fare i critici.
Quindi, sinceramente, mi spiace ma non mi sorprende che le case editrici debbano fare promozione (cosa che viene fatta anche negli ambienti in cui ci sono critici retribuiti).
Non entro nel merito della "competenza".
Dico proprio che per leggere tutto quello che esce, uno deve essere pagato per farlo. Altrimenti non ce la fa proprio.

Stesso discorso candidature.
Cioè, ripeto, tu potresti fare una colpa a qualcuno che si occupa di premiazioni se non ha letto TWD, Il brigante Grossi o il Don Chisciotte di Landolfi (con le dovute differenze sul valore e sulla popolarità dei tre esempi.)

Io sinceramente no.

michele petrucci ha detto...

Magari chiariamoci a Napoli di persona che via commenti non ha molto senso.

Quello che dico è: se vuoi organizzare un premio, chiama persone competenti e cerca di mettere a disposizione dei giurati i titoli usciti. Fai in modo che il premio sia una cosa seria, insomma. Altrimenti quella autorevolezza che si cerca non arriverà mai.
E tu giurato, se ti prendi la responsabilità di presiedere una giuria, documentati o pretendi tutto il materiale dall'organizzazione per giudicare.
Non possiamo continuare a convivere con una critica amatoriale e raffazzonata (fatta di vorrei ma non posso e di amicizie) se vogliamo che le cose
cambino.

Ripeto, le antipatie personali non dovrebbero entrare nelle candidature o nei premi.

Anonimo ha detto...

Mamma mia, ma quanto scrivete... Quanto tempo che avete, ragazzi.
E soprattutto come se la canta e se la suona Ciccarelli.
Solo una cosa, veramente marginale alla discussione ma che dà la cifra della polemica ciccarelliana: i volumi di TWD sono tutto tranne che perfetti. Sono pieni di refusi, anche all'ennesima ristampa. Talmente pieni che ho smesso al terzo volume di leggerli in italiano, perché spesso non era italiano quello che leggevo.
Qualità altissima... Ma per piacere. Per piacere.

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Michele Ginevra sta cercando di postare un suo commento senza successo (mi scuso Michele. Se qualcuno ha problemi del genere segnalatemelo).

Mi ha chiesto di postare il commento a nome suo e lo trovate di seguito:

andrea
se leggi meglio il mio commento hai già una parte delle risposte :-)

sul discorso simpatia/antipatia parlavo per me: non giudico in base alle simpatie e antipatie. però è vero che questo elemento può contare, ma fino ad un certo punto.
Faccio allora un esempio che riguarda un editore attivo da tanti anni e per non gettare benzina sul fuoco, ovviamente non mi riferisco a persone oggi sulla cresta dell'onda delle polemiche... Questo editore è antipatico, senza dubbio.
Ma è molto competente e ha sempre fatto prodotti validi. Magari non tutti hanno retto alla prova del tempo... Ma gli si può riconoscere talento e progettualità. Questa persona, con la sua attività editoriale, con i suoi autori, ha più volte vinto premi. Ed è stato spesso protagonista di eventi e manifestazioni culturali.
Dunque le relazioni contano, ma fino ad un certo punto. La qualità ha un suo peso, pur non essendo misurabile con criteri oggettivi.
Se vogliamo venirci incontri tra tutti noi che stiamo discutendo, possiamo però ammettere che conta "la percezione della qualità". Quindi strategie o eventi che possono influire sul giudizio sicuramente ci sono.
Per evitare di premiare in realtà "il racconto" promozionale degli uffici stampa, servono allora criteri e metodi.

Rispetto al discorso dei criteri per fullcomics. appunto! Ho scritto che sono partito con i miei criteri. Poi c'è stata la sintesi con gli altri giurati, attraverso una discussione. Ognuno di noi è partito con i "suoi" vincitori. Il risultato è frutto di un lavoro comune, che tutti riconosciamo, anche se magari non hanno vinto i nostri "preferiti"!

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

@Michele:
Dear Michele, non è un problema (anzi) parlarne di persona a Napoli.
Giusto per parlare, io penso che le persone chiamate sia per Fullcomics che per il Micheluzzi siano molto competenti. Mi sembra difficile affermare il contrario e non penso sia questa la tua intenzione.
Sul mettere a disposizione dei giurati i titoli usciti...ma ti rendi conto di cosa significa mettere a disposizione dei giurati le uscite?
Fai una prova: prendi il mega o l'anteprima di questo mese, conta le uscite e moltiplica per 12.
Come fa una organizzazione a mettere tutti questi titoli a disposizione?
Stiamo parlando di selezione, eh!
Non di giudicare tra 5 titoli ( e anche lì...5 per 5 categorie sono 25 volumi (se non sono serie) per 5 giurati sono 125 volumi...mica poco....e ci stiamo tenendo bassi!).

Poi,ma critica non professionista mica significa critica non professionale.
Lungi da me questa valutazione.
Inoltre non si può sostenere che le recensioni e le critiche vanno ad amicizia. Io sostengo che se tu sei antipatico e non gestisci i rapporti, in funzione di questa antipatia, la mancata gestione del rapporto, allora ti danneggia.
Non è assurdo.
Sono d'accordo con te che antipatie personali non debbano entrare in candidature e premi.
E ci mancherebbe pure.
Però allora ci sta anche che atteggiamenti antipatici non debbano entrare nella gestione dei rapporti professionali. Giusto?

@Anonimo: Oibò. Io questi errori di cui parli non li ho riscontrati.

@Michele: La tua sintesi mi piace.
Mi è più chiaro (di poco) il discorso sul Fullcomics.
Magari c'è qualche passaggio che ho perso e magari ci prendiamo un caffè con Michele (e se vuole Andrea) ad un tavolino al Comicon per chiarire i passaggi.

Sul discorso "Editore Antipatico"....eh.
Penso di aver capito a chi ti riferisci.
Però, senza entrare nel merito, se fosse come dici tu, allora come si spiegherebbe il discorso di Andrea Ciccarelli? Perchè l'altro editore che fa ottimi prodotti viene premiato e lui no?

Un saluto

Matteo Stefanelli ha detto...

Andrea, non esagerare: una critica professionista in Italia c'è. Ci sono persino diverse persone - cme dici tu - PAGATE per fare i critici. Anche se non è con i bonifici che si misura la professionalità: la professionalità è metodo+competenze); e anche se non lo fanno da mattina a sera (ma sai com'è: nemmeno Gianni Canova o Filippo La Porta o Marco Belpoliti fanno i critici dal lunedì al venerdì; e riviste di critica come Duellanti o Segnocinema non pagano quasi mai; eccetera).

La questione è quindi ben più complessa di questa tua schematizzazione.

Non dimentichiamo infatti che gli spazi in cui la critica fumettistica si esercita esistono, ma sono particolarmente frammentari e dispersi (quasi nessuna testata dedicata); che le poche testate specializzate sono deboli (ai margini del sistema culturale: dialogano solo col 'fandom') e indulgenti (contribuendo a creare una percezione 'settoriale' della critica più debole); che i critici che pure esercitano la 'professione', lo fanno in modo irregolare ed entro a testate che mettono ai margini non tanto il critico, quanto il prodotto fumettistico stesso; e che vige ancora una retorica 'istituzionale' per cui gli spazi critici pure esistenti, e anche di qualità (e nel fumetto se ne hanno da tempo: conta più la solita, povera fdc o le decine di periodici culturali su cui discutono di fumetto dozzine di critici competenti?) sono 'dimenticati' da questi discorsi, a favore di una critica tutta immaginaria da "salotto letterario" o da "terza pagina" che non esiste più e che - grazie al cielo - non riveste più le funzioni che aveva mezzo secolo fa; che editori e lettori hanno spesso un'idea caricaturale della critica, che tende ad includere quasi solo la "recensione-spiegazione".

Poi ci sono i festival, e i premi, di cui parli. In cui la valutazione critica è una componente. Tenuta in gran parte a debita distanza, a favore di scelte di staff, magari pure bravi, ma il cui lavoro è produrre un evento, e non offrire un contributo critico come richiesto da un normale Premio. E questo è il vero tema, al momento.

saldaPress ha detto...

"Sul discorso "Editore Antipatico"....eh.
Penso di aver capito a chi ti riferisci. "

Io questo modo di fare non lo capisco.
O fai un esempio che ritieni valido e ti esponi con quello che dici o eviti proprio di fare quell'esempio che tra il voglio dire e il non voglio dire, finisce per non dire un cazzo (e infatti personalmente confermo che non so proprio di chi o che cosa state parlando).

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Ciao Matteo,
ma siamo al festival del fraintendimento?
E meno male che ho scritto
"critica non professionista mica significa critica non professionale. "
Ci mancherebbe pure.
Poi, mi sembra che non ci siamo capiti anche su un altro punto.
Domanda: Ma può secondo te, un critico non retribuito, LEGGERE TUTTO QUELLO CHE ESCE ED ESSERE INFORMATO SU TUTTO?

E questo quello che dicevo io.
Mi sembra dalla tua risposta, che è assolutamente in linea col mio pensiero, che tu abbia frainteso totalmente il mio discorso.

;)

Andrea Mazzotta - ILGLIFO ha detto...

Andrè, io, anche se uno lo considero antipatico, se non è motivo, lo tengo per me.
Mica devo per forza dire confrontarmi col carattere di qualcuno se non ne ho voglia o motivo.
E' un esempio. Non c'è bisogno di fare nomi.

Anonimo ha detto...

Il senso della vita per Ciccarelli: volevo fare l'editore famoso e amato, ma non ci riesco. Tanto vale fare quello "che sta sulle balle", almeno qualcuno si accorge di me.

saldaPress ha detto...

Ma queste strizzatine d'occhio a che cavolo servono?

MicGin sente l'esigenza di tirare in ballo qualcuno che si dovrebbe tutti conoscere in quanto antipatico #1 ma che lui non nomina (ma allora che accidenti lo tira in ballo a fare?).

Tu senti altrettanto l'esigenza di dire a MicGin che molto probabilmente hai capito chi è l'antipatico #1 e lo fai commentando qui, non mandando a MicGin, che so?, una mail) ma, appunto, per coltivare le tue PR, nemmeno tu vuoi fare nomi perché, dici tu, in fondo è un esempio e fare nomi non serve.

Ma allora se questo non serve e quell'altro non serve tenetevi il tutto per voi, senza fare tutte 'ste pantomime. O no?

ps: ma chi l'ha mai detto che un critico deve leggere tutto? Nessuno legge tutto. E non è nemmeno necessario leggere tutto per poter fare il critico fumettistico. Come nessun critico cinematografico vede tutto e non è necessario vedere tutti i film per poter scrivere di cinema in modo critico.
Il critico di fumetto legga l'accidenti che vuole ma poi con quello che ha scritto ci costruisca uno straccio di percorso culturale da proporre ai lettori e attraverso il quale i lettori (che giudicheranno) possano incuriosirsi e capire un po' di più del mondo del fumetto.

Anonimo ha detto...

cazzo andrea togli sto sfondo nero ho perso l'uso della vista!


davide

saldaPress ha detto...

@ Anonimo: dai, ne riparliamo quando anche tu potrai intervenire, qui e altrove, con un nome di cui non doverti finalmente più vergognare (vedrai che prima o poi arriverà il giorno in cui i rapporti sessuali tra consanguinei non verranno più considerati una cosa deprecabile).
Dai, resisti ancora un po', piccolo mio.

MicGin ha detto...

vediamo se riesco a postare...

andrea... era un esempio... e volevo intendere che era un esempio vero, non di fantasia...
e perché devo dire in giro che uno è antipatico quando magari è solo una mia impressione?

il discorso era: si può anche essere non simpatici (stare sulle balle) eppure questo non impedisce di essre considerati.

tutto qui...

Lucio Perrimezzi ha detto...

Ho seguito questa discussione con viva attenzione, partendo dal blog del buon Michele, fino ad approdare qui. Non sono intervenuto un po’ perché non sono mai stato (né credo che lo sarò mai) un gran blogger, e poi perché di solito mi tengo alla larga da siffatte disquisizioni – per forma mentis, a me le discussioni piace farle dal vivo. Tuttavia, sento la necessità di dire la mia su una questione – quella dei premi – molto delicata e che presta il fianco a più di una critica/considerazione/riflessione.
Vorrei però focalizzare suddetta questione da un punto di vista differente , non me ne voglia Andrea. Non tanto quindi alla questione delle PR, degli uffici stampa, di fare i simpatici o delle giurie che leggono tutto o non leggono niente.
Quello che volevo dire, molto più prosaicamente, è che a volte gli approcci delle giurie io proprio non li capisco.
Mi spiego meglio: abbiamo capito che Fior ha fatto un libro della madonna, però adesso basta, possibile che non c’è nessun altro autore che ha fatto qualcosa di interessante quest’anno? Qualcuno a cui magari farebbe anche bene un po’ di attenzione? Credo che, quando si assegnano premi di questo tipo, questo dovrebbe essere un ordine di considerazioni che le giurie dovrebbero giocoforza tener presente. E che non mi si dica “l’autore X ha fatto il libro più bello, è giusto che lo premino tutti”, sarebbe come dire che se vinci l’Oscar devi anche vincere per forza il David di Donatello.
In secondo luogo, a volte mi chiedo cosa animi una giura nel premiare un libro piuttosto che un altro. Mi spiego con un esempio: ho visto premi conferiti a libri di una pochezza qualitativa a dir poco sconcertante, ma di cui si premia magari l’impegno sociale e/o politico del tema trattato. A me questo, personalmente, mi sembra una cazzata. Solo per il fatto che si parla dell’evento X che ha segnato la storia recente italiana, piuttosto che del morto Y, questo non deve automaticamente esautorarti dal proporre qualcosa di un certo livello. Vedere a volte questi titoli premiati, a scapito magari di un prodotto magari più “frivolo”, ma qualitativamente superiore, mi lascia spesso perplesso e, detta francamente, secondo me dimostra una certa “invidia del pene” tra gli stessi fumettari nei confronti della letteratura in prosa, quasi come se ci fosse bisogno di essere per forza impegnati socialmente per alzarsi qualitativamente al livello di questo medium.
Ovviamente questo non è un discorso vero a prescindere, ci sono tanti esempi felici di fumetto impegnato che merita, ma il fenomeno è questo, e sta creando anche l’insana tendenza da parte di un numero sempre più crescente di autori di buttarsi nel calderone, alla ricerca della “bellissima tragedia” da poter adattare in un fumetto per avere un po’ di attenzione.
.
Ok, magari sono andato un po’ off topic, e vabbè, non me ne vogliate.
Cheers!

Anonimo ha detto...

Sei andato off topic, ma hai ragione da vendere.
Che se non lo premiavano ad Angouleme, col cazzo che Fior prendeva gl'italici premi.