lunedì, ottobre 01, 2012

CONOSCETE EDWARD RIPPER? ovvero DELIZIE D'ACCIAIO



Conoscete il mio amico Edward?
Edward Ripper.
Lasciate che vi parli di lui.
Edward (Edward per gli amici) è una persona indescrivibile. Non nel senso di eccezionale o di stupefacente, termini che, per alcuni versi, lo definirebbe perfettamente.
No, no. E’ proprio I-N-D-E-S-C-R-I-V-I-B-I-L-E.  Non si può raccontare come è fatto. O meglio lo si può fare, ma con la consapevolezza che comunque lo stai raccontando male.
Edward (Edward per gli amici) ognuno lo percepisce a modo suo. Penso che sia una di quelle rare persone psicomorfiche, cioè quelle che, pur restando sempre se stesse, cambiano aspetto in base al proprio umore.
E se c’è qualcuno che ha un umore cangiante…bè, quello è Edward.
Ora non dico che un giorno è un nano e l’altro il gigante di Twin Peaks, ma che…insomma, il giorno prima  potreste aver diviso il pane con lui e il giorno dopo potreste non riconoscerlo quando vi chiede da accendere. 
La prima volta che l’incontrai…bè.
La prima volta, come la seconda, come la terza e come ogni volta, fu….non so….strano.
Era autunno. Un autunno di quelli veri, di quelli per cui hanno scelto la parola autunno. Quelli che c’è  la pioggia e il vento.
Un amico comune, Valentino, mi aveva dato una busta, una  di quelle cicciotte, per lui.
"Guarda Andrea", mi aveva detto "Guarda, io non lo posso incontrare. Non posso. Puoi dargli questo per me? Dovrebbe avere anche lui qualcosa da darti per me. Ma tu non chiedergli niente. Se te lo da bene, se no, mettigli in mano il romanzo e vai via."
Cazzo se era spaventato Valetino. Ma perché? Gli doveva dei soldi? No. L’aveva offeso? Gli aveva rubato il contenuto di quella busta? No, impossibile.
Valentino era una persona mite. Non era il tipo.
Quindi?
 "Roba di donne."
 Mi rispose quando chiesi. "Roba di donne. Gli ho rubato una donna. La donna dai capelli rossi la chiamava lui. La mia donna donna dai capelli rossi, sarebbe stato il nome con cui l’avrei chiamata io, ma solo dopo. Ma credimi, meno ne sai meglio è. Questo romanzo è suo. Me l’aveva dato da tradurre. Mi disse che questa copia manoscritta era l’unica che esisteva. Anche se è quello che è, se ha fatto quello che ha fatto, è giusto che la riabbia indietro. Fammi questo favore e mi saprò sdebitare."
Ora, io non sono proprio un cuore di leone e questo discorso mi aveva messo un’ansia che nemmeno i musicisti del titanic all’ultima nota avevano, ma quel “…mi saprò sdebitare” non era buttato lì a caso.
Valentino possedeva la cosa che desideravo più al mondo. L’ultima cover originale di Jack Fog, disegnata da Michele Burlesque. L’ultima che mi mancava per averle tutte e 78.
Avrei ucciso (metaforicamente) per quella copertina. Figurati consegnare un pacco.
L’appuntamento era a Rimini, al lido Maristella. Quando arrivai lì mi aspettavo che uscisse Panariello vestito da bagnino da un momento all’altro. Invece niente.
Pioggia, fitta ma non grossa. Fastidiosa più che seccante, ma sufficiente per inzupparmi.
C’erano mille tavolini, tutti apparecchiati con il tipico portacenere di plastica bianca, mezza cicca buttata all’interno e con gli ombrelloni chiusi che sembrano fari spenti, decisi a non urlare a nessuno la loro posizione.
Al centro del lido, che sembrava al centro della spiaggia, al centro di Rimini, d’Italia e del mondo, sotto l’unico ombrellone aperto c’era un uomo sui cui cadevano gocce, come pioggia. Ma queste erano grosse.
L’ombrellone aperto faceva da collettore. Tante goccie, tutte su quell’uomo. Tutte sul suo volto. Sembravano lacrime, il che faceva un po’ paura dato che, quello che appariva come una via di mezzo tra un barbone e l’Hagrid di Harry Potter rideva senza sorriso fin da che ero entrato nel suo campo visivo.
Non saprei dirvi se mi apparve alto o basso. Era seduto.  E neanche vi potrei spiegare la sua corporatura, perché indossa un trench di almeno tre misure più grande.
Le maniche erano così lunghe che gli coprivano le mani.
Altro non ricordo perché tutta la mia attenzione era per chi mi guardava torvo, in piedi dietro le sue spalle….un donna. Una donna dai capelli rossi.
"Cazzo. Qui la cosa si complica" pensai.
Lei non ve la descrivo.
Ho promesso ad Edward (Edward per gli amici) e a lei che non lo avrei fatto mai. Anche perché, se avete abitato su questo pianeta negli ultimi 20 anni la conoscete di sicuro (è…famosa) e lei non vuole che si sappia che è la donna di Edward Ripper.
Mentre il cacofonico rumore delle sue non risate copriva i miei annacquati passi sui grandini di ingresso del lido lei si muove verso di me e mi tende una mano.
"Lei, mio caro signore, ha qualcosa di mio. Me lo dia. E se ne vada." disse il non giovane vecchio  da dietro quella valchiria dai capelli di lava.
Ecco, se c’è stato un momento nella mia vita in cui avrei voluto girare i tacchi scappare, scappare,scappare, scappare fu quello.
Allungo mano, consegno la busta inumidita dalla pioggia, faccio un semi giro su me stesso e  mi preparo a correre più veloce di Bipbip.
"Aspetti. Deve portare una cosa Valentino da parte mia." mi disse alzandosi dalla sedia.
 Poi, un macigno mi colpì. Ricordo perfettamente la disposizione dei peli della mano  e dei molti anelli alle dita di Edward (Edward per gli amici) che viaggiano tipo l’Enterprise a velocità curvatura verso di me. Ricordo di aver visto il mio stesso naso comprimersi verso gli occhi. Poi, non ricordo altro.
Mi sono risvegliato sulla stessa sedia di plastica su cui era seduto il pugile che mi aveva steso che era notte.
L’ombrellone era ancora aperto ed io ero zuppo come un Bucaneve scaraventato nelle mammelle di un mucca, anche se qualcuno mi aveva coperto con un impermeabile tre volte la mia misura.
Il naso era in poltiglia e il mio secondo pensiero era trovare un ospedale, appena la testa avesse finito di girarmi.
Il mio primo pensiero invece era incontrarmi appena possibile con il buon, caro e mite Valentino.  Non volevo che il tempo affievolisse il ricordo del  messaggio di Edward (Edward per gli amici) per lui…
Fu solo all’ospedale che mi trovai nell’impermeabile  quella busta con il mio nome sopra .
Spero che il naso ti faccia male almeno quanto spero che il messaggio per il tuo amico sia chiaro.
Non ti voglio mai più incrociare sul mio cammino, ma se hai qualcosa da dirmi ho un’altra mano da presentarti.
Vediamoci tra un anno al Foggy Dew di Dublino.
Edward
Un anno e una scazzotata dopo io ed Edward (Edward per gli amici) abbiamo brindato a quella che sarebbe diventata un gran bella amicizia.
Potrei raccontarvi di quella volta che ci imbarcammo su una bagnarola rattoppata a preghiere dalla Scozia direzione faro abbandonato di Fower perché Edward (Edward per gli amici) voleva scoprire cosa si prova a pisciare da un faro mentre ti proietta addosso la sua luce.
O di quella volta che era convinto di aver trovato la tomba di Dante nel seminterrato di un bar di Firenze, dove entrammo con picconi e martelli in spalle.
Oppure, quando per una intera notte a Parigi, seduti ai piedi della torre Eiffel , cercò di convincermi di come l’Odissea (l’Odissea Nera la chiamava lui) fosse l’opera più pornografica di tutti i tempi.
Magari qualche volta ve ne parlo. Magari anche presto.
No, voglio raccontarvi di quella volta che, a S.Maria di Leuca, al termine di una nottata pazzesca in cui persi tutto e tutto ritrovai per tre volte, mentre contemplavamo il fondo di un dirupo che dava sul mare e calpestavamo un cartello dei primi del novecento che recitava “Qui finisce l’Italia” gli chiesi:
-          E ora Edward?
-          - E ora è tempo che tu mi chiami ED.
-          Ma tutti i tuoi amici ti chiamano Edward.
-          - Appunto…
E, come se fosse un film, buttato l’ultimo mozzicone di sigaretta nel dirupo, si incamminò verso la sua Alfa Romeo Duetto Spider. Rossa, naturalmente.
"Amico"….Ma pensa tu che devo sentire.
Calabrese (era il mio sopranome), devi smettere di sottovalutarti così…
Ora muoviti. C’è una tipografia a Roma che ci aspetta. Quello stronzo di Valentino ci ha messo un anno a riprendersi dalle botte che gli hai dato, ma alla fine ce l’ha fatta a far uscire questa benedetta versione italiana del mio libro. Voglio ritirare le prime copie fresche di inchiostro.
Muovi il culo. Ci aspetta un bel viaggio.
Non so se quello che vi ho raccontato può bastarvi o meno per capire Edward (Ed, per chi è qualcosa più di un amico). Se vi basta, leggete questo suo volume, che a me è costato un cazzotto e una scazzottata. Se non vi basta, bè, leggete il volume e lo capirete meglio. Ne vale la pena. Ma attenzione. Non è per educande deboli di cuore.
Se poi non vi piace, potete sempre prendere a cazzotti Valentino Sergi, il suo curatore.
Vi assicuro che da un certo gusto.

Il Glifo Ripper

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